Furti a Montoro, usura e armi: cadono le accuse contro Iannone

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MONTORO- Cadono le accuse del collaboratore di giustizia Gerardo Di Benedetto (che aveva reso interrogatorio davanti alla Dda di Napoli) e arriva l’assoluzione per Gerardo Iannone, difeso dal penalista Marino Capone e a processo (ha scelto il rito abbreviato) davanti al Gup del Tribunale di Nocera Inferiore per usura almeno quattro furti e la detenzione di armi (mai rinvenute durante le perquisizioni). La stessa Procura aveva chiesto l’assoluzione per Iannone, già noto alle forze dell’ ordine. Usura ed estorsione ai danni di un soggetto che a fronte di un prestito di 15000 euro ne avrebbe restituiti 80.000, quindi una rata usuraria del 70-80% circa. Sarebbe stato anche costretto a versare 500 euro al mese, dopo un incontro a Montoro. Per la difesa appariva inverosimile che Gerardo Di Benedetto, il collaboratore che si riteneva capo di un gruppo criminale, potesse ridursi al rango di recupero crediti per conto di Iannone, che poi, come avrebbero accertato le attività investigative, non si era mai incontrato o sentito con Di Benedetto. A chiudere la vicenda le dichiarazioni della vittima, che avrebbe escluso prestiti da parte di Iannone. Ovviamente bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per avere conferma che siano state accolte totalmente le questioni poste dalla difesa. Iannone era stato chiamato in correità da Di Benedetto anche per una serie di furti. Il primo commesso a Castel San Giorgio nel novembre del 2018, quando dopo aver divelto la porta di un’abitazione, si sarebbero appropriati di 450 euro, della fede in oro, di 5 orologi, una collana di oro e altri monili. Anche in questo caso la difesa ha fornito una chiave di lettura diversa. Di Benedetto ha riferito che Iannone era uno dei presenti al raid e che ill “palo” del colpo era stato anche controllato dai Carabinieri. Ma oltre alla sua cella telefonica nessun altra in uso agli indagati aveva agganciato la cella della zona ed il presunto “palo” era stato si controllato quella sera, ma in un’ altra zona. Scagionato anche dall’accusa di aver partecipato ad un furto avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 aprile del 2019 a Montoro, dove erano state portate via due pistole, delle pellicce ed un televisore in casa di un giudice in pensione. Qui non c’era stata la chiamata in correità da parte di Di Benedetto, ma la cella della zona dove era avvenuto il raid agganciava quella del telefono di Iannone. Per la difesa di Iannone una circostanza facilmente spiegabile. L’abitazione di Iannone, a Montoro, distava appena un chilometro e trentanove metri da quella oggetto del raid. Per cui era facilmente comprensibile come in quella circostanza la cella potesse agganciare il telefono. Infine anche un altro furto avvenuto a Bracigliano. In aula la difesa di Iannone ha anche puntellato l’attendibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Di Benedetto, ricordando quanto circa le sue dichiarazioni aveva riferito nel corso della sua requisitoria nel processo di Appello pdr l’omicidio di Michele Tornatore il sostituto procuratore generale davanti alla V Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli. Parlando di “dichiarazioni contraddittorie” che “potrebbero essere false”. Gli stessi giudici avevano ritenuto che Di Benedetto avesse reso “una versione confusa, che non ne accredita l’intrinseca attendibilità”. Iannone era finito in carcere per le accuse del collaboratore, fino all’udienza al Riesame, quando era stata annullata la misura cautelare nei suoi confronti. Ora si attendono le motivazioni della sentenza.