L’ultimo rapporto sul rischio idrogeologico dell’ISPRA, l’istituto pubblico che si occupa di protezione e ricerca ambientale, ha messo a disposizione dati che consentono di mappare con estremo dettaglio le aree a pericolo frana e in più di capire quali sono quelle dove c’è davvero da prestare attenzione.
Aggiornate al 2017, le statistiche distinguono il territorio in cinque classi di pericolo – in ordine crescente di gravità, fino a quella “molto elevata” – che in totale sommano a un filo meno del 20% della superficie totale. Se prendiamo invece soltanto le classi a maggiore pericolosità, ricorda il rapporto, “le aree ammontano a 25.410 chilometri quadrati, pari all’8,4% del territorio nazionale”.
Sono Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Valle d’Aosta, Abruzzo, Lombardia, Sardegna e Provincia di Trento a presentare le aree più estese a intenso pericolo di frana, mentre di nuovo nella piccola regione aostana troviamo la fetta più ampia di territorio incluso nelle due classi più pericolose: oltre l’80% del totale.
Il dossier de “Il Sole 24 ore” riguarda anche l’Irpinia, una delle aree dai piedi di argilla. In provincia di Avellino sono più di 53mila le persone che abitano in aree a rischio – il 12,6% del totale della popolazione residente – e oltre 14mila edifici si trovano in zone a pericolosità idraulica. Stesso discorso per le imprese: 3.637 le aziende costruite dove c’è il rischio di frane e inondazioni.
Il dossier riguarda anche i comuni dove si è continuano negli anni scorsi e si continua ancora oggi a consumare suolo a pericolosità franosa molto elevata. Da piccole variazioni come Calitri, Forino, Frigento e Taurasi, a quelle più significative di Bonito, San Martino Valle Caudina e Paternopoli fino al caso emblematico evidenziato dal giornale degli industriali: Candida con un più del 157% negli ultimi cinque anni.