Pratola Serra – Assunto alla Fiat nel 1979 è entrato in cassa integrazione nel 1983. Da allora lo “sbattuto fuori” Paolo Ferrero si è dedicato alla politica a tempo pieno. Ed oggi è sceso in piazza ai cancelli della Fma non per fare promesse – “non sono nella posizione di poterne fare” – e soprattutto nel momento caldo delle elezioni regionali – “io stesso ho perso il lavoro ed è una cosa troppo importante per strumentalizzarla in campagna elettorale”.
Il segretario nazionale di Rifondazione Comunista ha solo sperato di far accendere i riflettori sulla vertenza della Fma affinché il governo obblighi l’azienda torinese a mantenere i livelli occupazionali. Paolo Ferrero più che da politico ha parlato da ex operaio, da persona comune che ha vissuto sulla propria pelle il dramma del lavoro e che oggi come ieri è stanco del fatto che “i profitti li intaschi l’azienda ma la crisi la paghino i lavoratori”. “Se lasciamo andare avanti i padroni come vogliono loro tra due anni il numero di occupati sarà l’esatta metà di oggi. Per questo vorrei una mobilitazione generale. Ed auspico di aprire con Fiat uno scontro in tutti gli stabilimenti”. Una vertenza di tutto il gruppo, infatti, impedirebbe la cosiddetta guerra dei poveri ed eviterebbe che gli stabilimenti aprissero una guerra degli uni contro gli altri. “Non garantisco miracoli ma solo il massimo impegno. Il Prc è con voi in questa battaglia”. Poche assicurazioni ripetute più volte da un megafono. Gli operai hanno ascoltato, hanno detto la loro ma non si lasciano più incantare. “Le risposte deve darle Fiat, non Paolo Ferrero”.
E se una minima contestazione c’è stata, è apparsa davvero minima rispetto alle ‘scintille’ che hanno accolto il sindaco di Salerno Enzo De Luca.
Ma più che verso il candidato alla presidenza della Regione la rabbia sembra essere sfociata dalla ressa creata intorno a De Luca dall’entourage della politica irpina che ha distolto l’attenzione dal vero motivo della sua presenza. E gli animi si sono scaldati a tal punto che in alcuni momenti è sembrato addirittura impossibile che l’ospite d’onore potesse prender la parola. Ma – e lo ha dimostrato – il carisma non gli manca. E neanche il coraggio di cui peraltro gli è stato dato atto. Il ‘candidato della gente’ non si è lasciato intimorire e, microfono alla mano, ha bandito l’etichetta politica e tra qualche frase in dialetto, una battuta di chiusura e un po’ di sano populismo – inteso per la verità in senso positivo – ha saputo farsi ascoltare. “Il mio problema non sono le bandiere al vento ma l’occupazione. Sono qui per rispetto a voi e alla mia storia di militante del mondo del lavoro. Il mio è un gesto doveroso da chi nelle vertenze ci sta da 35 anni. Non a caso mi trovo coinvolto in un processo per aver difeso 200 operai della Ideal Standard. E la verità è che ne sono orgoglioso. Questa è la mia medaglia al valore”.
Poche parole ma un pragmatismo di cui ha davvero fatto il suo biglietto da visita: “Per difendere i posti di lavoro ci vogliono risposte concrete”. E non ne ha fatte mancare: “Chiederemo alla Fiat di spostare la lavorazione della Panda dalla Polonia all’Italia. Se l’azienda parlerà di aumento di costi allora mi impegnerò affinchè la copertura venga garantita da incentivi regionali. Non è una misura demagogica ma se esistono fondi europei indirizzati alla creazione del lavoro, allora vuol dire che possono essere utilizzati anche per difenderlo”. Certo De Luca è cosciente della necessità di un piano industriale sano e non ‘drogato’: “Noi siamo per una fabbrica che rimanga sul mercato e non chiuda da qui a sei mesi. Per questo dobbiamo sederci ad un tavolo con Fiat e capire cosa vuole. Anche chiedendo, per quanto mi riguarda, di spostare le produzioni dall’estero agli stabilimenti di Pomigliano d’Arco e Pratola Serra”.
Un discorso breve ma pratico che ha convinto alcuni inizialmente scettici ma non ha smosso di una virgola i disincantati inguaribili. Certo la buona volontà c’è stata. Sia da parte di Enzo De Luca che degli operai che alla fine non hanno negato al candidato della gente ma anche del Pd un lungo applauso.
Ma la ‘notte’ si prospetta ancora lunga, a vecchi dubbi se ne aggiungono di nuovi e il vortice dell’incertezza non avrà un blocco immediato. Certo la speranza è l’ultima a morire ma “… ora votatemi – e ha chiuso – altrimenti che posso fare?”.