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Deficit Sanità – 12 mld di spese extra: in Campania falce sulle Asl

Sei miliardi tra bollette e utenze, 4,5 miliardi per canoni e spese amministrative, manutenzioni per 1,5 miliardi in un anno: sono i ‘numeri’ relativi alle spese ‘non sanitarie’ sostenute da Asl e ospedali. Per un ammontare di 12 miliardi.
La lente di ingrandimento sulle spese è stata fissata dall’analisi del Sole 24 Ore Sanità sui dati dei bilanci 2006 di Regioni e aziende sanitarie pubblicati dal ministero del Welfare.
Asl e presidi ospedalieri hanno speso 257 milioni di telefono, 625 milioni di mensa, oltre 1 miliardo per le pulizie, 780 milioni tra luce, acqua e gas, 445 milioni di lavanderia e 1,2 miliardi per altri servizi sempre non sanitari. Le spese più ingenti sono state quelle sostenute per ammortamenti che da sole assorbono quasi 2 miliardi, mentre bollette e utenze per acqua, luce, gas, vigilanza, manutenzioni superano nella loro totalità i 5 miliardi.
Nel giro degli ultimi due anni in quasi tutti i settori sono stati registrati aumenti ingenti: le utenze hanno subito un aumento di oltre il 40% e i servizi non sanitari del 44%, le mense si attestano sul +19,03% e a seguire noleggi (+26,23%) e servizi di pulizia (+21,48%): attività ‘appaltate’ all’esterno.
In Campania gli aumenti più sensibili vengono registrati in materia di noleggi (+125%, con incremento più marcato tra 2004 e 2005); riscaldamento (+64%).
Insomma, spese innegabilmente eccessive di cui le Regioni dovranno ‘rispondere’.
Ed è proprio il caso di dire… sono numeri!
Il deficit sanità in Campania sarà sanato partendo da tre criteri: efficienza, risparmio e migliore organizzazione. Tagli alle spese esterne? No. Piuttosto riduzione delle Asl, tanto per fare un esempio, che da 13 passeranno a 8 entro il 30 giugno 2009.
Nel piano di riorganizzazione targato Montemarano è previsto, infatti, l’accorpamento delle aziende sanitarie: nelle province di Avellino, Benevento e Caserta è prevista la presenza di un’unica azienda sanitaria, due nella provincia di Salerno e tre nella provincia di Napoli. Conseguentemente, saranno ridotti di almeno 50 unità gli incarichi dirigenziali in funzionale apicale.
Verranno ridotti i distretti di base: verrà individuato un distretto sanitario ogni 120mila abitanti nelle aree urbane e ogni 70mila nelle zone a bassa densità, nelle isole e nei territori montani.
Spazio poi anche alla riorganizzazione e riqualificazione della rete ospedaliera con il potenziamento delle aziende di rilievo nazionale dove è presente una breast-unit.
Per quanto riguarda gli ospedali, in ogni provincia ci sarà una rete dell’emergenza basata sui grandi ospedali, dove effettuare tutti gli interventi necessari. A queste strutture farà riferimento una rete di ospedali per casi di minore entità. Gli altri ospedali non inseriti nella rete dell’emergenza saranno convertiti in strutture residenziali (vedi Sant’Angelo dei Lombardi e Bisaccia) dedicate ad assicurare l’assistenza per i nuovi bisogni e le nuove cronicità.
Fatto sta che il piano di razionalizzazione approderà in Consiglio regionale nei prossimi giorni per la definitiva ratifica.

Il governatore Bassolino comunque dal suo blog replica
“Non ci sarà nessuna marcia indietro sul Piano di rientro dal disavanzo sanitario in Campania. Il nuovo piano è una strada obbligata da cui non si torna indietro. Una sfida che riguarda un diritto fondamentale di cittadinanza come quello alla salute e che si vince solo mobilitando tutte le migliori energie. Il lavoro per risanare e rilanciare la sanità campana è cominciato negli anni scorsi. Si pensi al solo disavanzo: 8 miliardi di euro, via via riassorbiti. Abbiamo fatto tanta strada. Incontrando ostacoli e difficoltà. Questo percorso è giunto negli ultimi mesi, a un passaggio delicato. Il piano di rientro concordato e siglato col Governo ha rappresentato una sfida cruciale e ogni nuova fase del piano ci ha dato l’opportunità di analizzare e affrontare questioni irrisolte da tanto tempo. Il nuovo piano varato dalla giunta rilancia questa sfida. Rigore e qualità dei servizi. Il sistema sanitario non arretra e nessuno intende ridimensionare il suo ruolo. Vogliamo ridimensionarne invece l´apparato burocratico ed eliminare gli sprechi dovuti a modelli organizzativi che non rispondono alle esigenze reali dei territori e cambiare tante cose che non vanno”.

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