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Da Haiti ad Avellino: irpino racconta il dramma di un popolo

Avellino – E’ un cameraman di Sky, è originario dell’Irpinia. Ed è appena tornato da Haiti. Francesco Marzullo pensa al dramma di un popolo, pensa all’Irpinia e al dolore che anche questa terra ha dovuto provare per analoghe sciagure naturali. E prova a descrivere cosa significa vivere sul posto quella che per molti è già passata alla storia come una delle più immense catastrofi dell’umanità. Parole intense, che toccano gli animi, a volte forti nel descrivere la disperazione di una comunità, che non hanno bisogno di ulteriori commenti – quelle fatte pervenire nella nostra redazione – e che riportiamo di seguito.

Mai avrei pensato che al mondo ci potesse essere qualcosa di simile, mai avrei pensato di vedere con i miei occhi ciò che ancora non riesco neanche minimamente a dimenticare. E’ una catastrofe lì, una di quelle che neanche raccontandola renderebbe l’idea. Sono da poche ore tornato dall’inferno di Haiti ed, ancora scosso, non riesco a rendermi conto di ciò che ora mi gira intorno. Ho pianto davanti al mio piatto di pasta mezz’ora fa. Morti, feriti e fame, si, lì c’è solo questo ora! Per noi Irpini il terremoto è qualcosa che ci ha cambiato la vita, qualcosa che ricorderemo sempre, qualcosa che ci ha fatto perdere le persone care, a qualcuno la casa. E poi ci ha fatto reagire. Come diciamo in Irpinia, siamo riusciti a rialzarci e continuare. Haiti e la sua popolazione sono come noi, disperati che vogliono rialzarsi, ma non hanno nessun tipo di mezzo per farlo. I bambini morenti in strada che giocano tra i mucchi di cadaveri che sembrano bustoni di immondizia, i loro gemiti di dolore e di ricerca della loro mamma, del loro papà. L’ospedale, i tre ospedali ancora in piedi, dove i pochissimi medici cercano di fare il possibile ma dove manca tutto: acqua, qualsiasi tipo di cibo, un telo per ripararsi dal caldo sole. Quello che ti fanno vedere in tv è il 25 per cento di cosa c’è lì, di cosa tra tutta quella polvere riuscivo ad intravedere. Il mio non vuole essere che un appello. Ieri piangendo ho lasciato l’isola, ho lasciato senza più il mio seppur misero sorriso Rich, Annabel, Juliè, e tutti i bambini a cui ho dato tutto ciò che avevo. Ma quello che ora a loro serve è l’acqua, per continuare a vivere, per sperare, per arrivare a domani. Voglio utilizzare Avellino, anche attraverso i colori del calcio, per dare la vita, per alimentare la speranza di qualche bambino che la sta perdendo. Il nostro cuore biancoverde è grande, lo sappiamo tutti. Organizziamoci per adottare un bimbo a distanza o magari più di uno, o magari per portarli a vivere nella nostra verde Irpinia. Per favore, AIUTIAMO i bambini che ho visto lì. Non possiamo lasciarli morire come se niente fosse. Aiuti concreti non ce ne sono, ho vissuto io insieme a loro per 6 giorni senza bere, mangiare, senza avere la possibilità di lavarmi le mani, la faccia. Abbiamo tutti un cuore grande, organizziamoci per poterli aiutare”.

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