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“Da Ferrovie dello Stato omissioni deprecabili”. Isochimica, le motivazioni della sentenza

“Una sciagurata strategia imprenditoriale consapevolmente volta a superare le complicazioni logistiche e di costi”. È uno dei passaggi chiave delle 98 pagine di motivazioni della sentenza depositata lo scorso 26 ottobre dai giudici del tribunale di Avellino (il collegio presieduto da Sonia Matarazzo e dai giudici Pierpaolo Calabrese e Gennaro Lezzi) che il 28 gennaio scorso hanno emesso lo storico verdetto sulla strage dell’ex Isochimica.

Si tratta dell’ultimo paragrafo delle motivazioni, quelle alla base del rigetto della domanda risarcitoria avanzata proprio dall’erede di Ferrovie dello Stato spa, ovvero Rete ferroviaria Italiana spa, quale parte civile costituita ai sensi dell’articolo 1227, comma 2 del codice civile, atteso dei danni dei quali chiede risarcimento come scrivono i magistrati: “Ben avrebbero potuto essere evitati della società dante causa, ove questa avesse usato la diligenza ordinariamente richiesta nell’esercizio di un’impresa”.

Un profilo omissivo quello contestato ai danni di Ferrovie dello Stato, che aveva affidato la commissione della scoibentazione delle carrozze ferroviarie alla ditta di Elio Graziano. Infatti – scrivono i giudici – “l’azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato non ha sottoposto ad alcuna più approfondita verifica il positivo e giudizio coordinato dai suoi funzionari, al fine di determinarsi ad appaltare una tipologia di lavori così pericolosa e per tali considerevoli volumi. Ma soprattutto, a dispetto della quotidiana presenza di altri suoi funzionari degli stabilimenti Isochimica, successivamente proposti dall’azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato al controllo sul risultato delle varie fasi delle attività dati in appalto e di cui hanno ricordato pressoché tutti i lavoratori escussi, ricordando addirittura gli uffici da quelli stabilimenti occupati nell’opificio, mai sono state rilevate dalla società committente le macroscopiche violazioni della disciplina vigente e le disastrose condizioni in cui le maestranze di Isochimica spa erano di conseguenza costretta a operare”. Che i giudici del tribunale di Avellino ritengono “deprecabili”, sottolineando che “a cospetto del sì complesso sistema di tutela preventiva invece predisposto all’interno delle Officine delle aziende autonome delle Ferrovie dello Stato di cui si è detto al precedente paragrafo proprio in relazione alla medesima tipologia di regolazione di quelle tanto massivamente così sbrigativamente affidate ad Isochimica spa”. E’ senza dubbio uno dei passaggi più attesi della sentenza, anche dagli operai, visto che riguardano tutte le parti offese del processo, in primis le vittime per cui è arrivata la condanna agli ex funzionari delle Ferrovie e ai vertici e maggiori collaboratori di Elio Graziano. Sentenza che sicuramente sarà impugnata dai legali degli imputati condannati.

LA SENTENZA

Il 28 gennaio scorso erano state inflitte quattro condanne a 10 anni di reclusione, 23 assoluzioni e 50 mila euro di risarcimento a ciascuna delle famiglie delle vittime. Questa, in sintesi, la sentenza di primo grado del processo Isochimica, pronunciata dalla giudice Sonia Matarazzo al termine di una camera di consiglio durata 5 ore. La sentenza è stata letta a Napoli, nella aula bunker di Poggioreale, dove si è svolto il processo. Giudicati colpevoli due funzionari di Ferrovie dello Stato, Aldo Serio e Giovanni Notarangelo, e due ex dirigenti dell’Isochimica, Vincenzo Izzo e Pasquale De Luca.

Assolti invece con formula piena, perché il fatto non sussiste, tutti gli altri imputati, che erano stati accusati, a vario titolo, di disastro ambientale, omessa bonifica e omissioni in atti d’ufficio, ovvero l’ex sindaco di Avellino Giuseppe Galasso e tutta la sua giunta di allora, composta da Antonio Rotondi, Sergio Barile, Giancarlo Giordano, Ivo Capone, Toni Iermano, Donato Pennetta, Luca Iandolo e Raffaele Pericolo; i dirigenti del comune di Avellino Luigi Cicalese e Francesco Tizzani; gli imprenditori delle ditte a cui erano state commissionate le prime operazioni di bonifica, Francesco Barbieri, Biagio De Lisa, Giovanni D’Ambrosio, Giovanni Rosti, Francesco De Filippo; i funzionari Asl Michele De Piano e Luigi Borea, il curatore fallimentare della fabbrica Leonida Gabrieli, il responsabile del procedimento di bonifica Giuseppe Blasi e l’ex sindaco di Avellino Paolo Foti. Quest’ultimo si era trovato, appena insediato, con la grana della messa in sicurezza dell’impianto e per un periodo tra il 2013 e il 2014 era finito coinvolto nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Avellino sulla mancata adozione di provvedimenti per la messa in sicurezza dell’area di Isochimica. Per i giudici non c’è stata omissione o inerzia da parte degli amministratori pubblici finiti nel mirino delle indagini.

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