di Andrea Fantucchio – Lo hanno accusato di avere il coronavirus. Hanno pubblicato il suo nome. Lo hanno esposto a una gogna mediatica. Lo hanno trattato da untore. Ma lui, il 27enne di Montefusco, non ha nulla. Neppure un raffreddore. Una storia paradossale e per certi versi drammatica, che racconta questi strani giorni di isteria collettiva.
Sui social centinaia di persone si sono scagliate contro di lui. Con frasi irripetibili. C’è stata anche una signora che gli ha promesso di sfregiarlo con l’acido. Motivo: non solo hai il virus, ma sei scappato da Codogno per infettare l’Irpinia intera.
A dare fuoco alla rabbia collettiva (mancavano solo i forconi), si è aggiunta anche un’ordinanza comunale, dove è stato scritto nome e cognome del 27enne. Anche l’indirizzo. Così da consentire un presidio h24 dell’abitazione, per assicurarsi che non uscisse di casa.
A pagarne le spese è stato anche un altro abitante di Montefusco. Il barbiere, che ha la sventura di chiamarsi come il presunto untore.
Il 27enne ha deciso di uscire dal silenzio. E lo ha fatto tramite il suo avvocato, Raffaele Petrillo. E’ pronto ad agire per vie legali. Obiettivo: far finire questo massacro mediatico.
“In merito alle notizie apparse sui social network e su altri media – ha dichiarato il penalista -, voglio precisare quanto segue: il mio cliente ha fatto ritorno da Codogno (Milano), quando non era ancora in vigore alcun divieto di allontanamento emanato dal Governo (ndr. Intervenuto nella tarda sera del 22 febbraio, mentre il ritorno in Irpinia c’è stato nelle prime ore della stessa giornata) per chi si trovava nel comune lombardo, dove lavora presso una azienda operativa nel settore della vigilanza ( ndr. non come cameriere come apparso su alcuni media). Quegli obblighi erano prescrizioni relative alla chiusura e alla gestione di attività commerciali e ludiche dove poteva verificarsi un assembramento di persone”.
Oltretutto, aggiungiamo, il ragazzo è tornato in Irpinia con la sua auto. Senza avere contatti con altre persone.
“Voglio aggiungere – conclude l’avvocato – che tutti questi comportamenti sono stati innescati dalla scriteriata pubblicazione di una comunicazione istituzionale senza previa rimozione dei dati sensibili relativi al mio cliente. Nello specifico le sue generalità e persino il suo indirizzo di residenza. Adiremo perciò alle vie legali affinché venga accertato nelle sedi competenti se, come riteniamo, ci sia stata una condotta gravemente lesiva nei riguardi del mio assistito e della sua famiglia, sia in relazione alle offese e alle minacce ricevute, attraverso i social network, sia per quanto riguarda l’illecita divulgazione dei dati sensibili contenuti nell’ordinanza emessa dall’ente comunale. Diffidiamo inoltre chiunque continuerà a perpetrare minacce e altre condotte lesive nei confronti del mio cliente e della sua famiglia”.