Avellino – Il prezzo che in questi giorni le industrie casearie irpine stanno pagando ai produttori è quasi irriverente tanto risulta inferiore ai costi di produzione continuamente in aumento. I caseifici, unilateralmente e senza nessuna trattativa con le parti, hanno deciso di ridurre il prezzo pagato alla stalla di 3-5 centesimi di euro al litro, adducendo a motivo la riduzione del prezzo del latte estero che renderebbe non competitivo sul mercato il latte locale.
Il prezzo medio del latte tedesco, infatti, attualmente è di circa 27 centesimi al litro, con una oscillazione fra i 21 e i 34 centesimi. Stessa sorte per il latte d’oltralpe. Stanno aumentando anche le importazioni di latte UHT già confezionato a prezzi irrisori (50-60 centesimi al litro) o, ancor peggio, di cagliata a 2,10 euro al chilo per farne – con un gioco da prestigiatore – “surrogati” dei nostri formaggi a pasta filata.
Ne fanno le spese i nostri consumatori che, credendo di acquistare un prodotto del territorio, comprano invece un’anonima mozzarella o caciocavallo fatti con latte proveniente da chissà dove senza adeguate garanzie né di qualità. Peraltro, la riduzione dei prezzi alla produzione non si sta traducendo in una conseguente riduzione dei prezzi al consumo!
I caseifici irpini dichiarano di non poter essere competitivi con i prezzi del latte estero, ammettendo che nella nostra Provincia molti prodotti a base di latte sono fatti con latte non italiano, né tantomeno locale. Come se finora il latte lavorato fosse stato di produzione esclusivamente locale!
Forti del prezzo del latte estero, i nostri caseifici (o, meglio, alcuni di essi) scoprono oggi i requisiti per un latte di qualità, dettando per iscritto condizioni di fornitura.
La Coldiretti da tempo sta puntando sulla qualità tentando, a più riprese, di avviare con le industrie casearie una trattativa che avesse come condizione imprescindibile la promozione e la valorizzazione del latte locale di qualità, che c’è ed è sicuramente buono, e, successivamente, parlare anche di prezzo. Si trattava di fissare parametri qualitativi rigidi per dare le più ampie garanzie al consumatore, che chiede sempre più decisamente sicurezza su quello di cui si alimenta, soprattutto a seguito dei vari scandali alimentari che sono venuti fuori nelle ultime settimane anche nella nostra Provincia.
“Ecco perché il progetto di Coldiretti – dichiara Giuseppe Licursi, direttore della Coldiretti irpina – per arrivare all’indicazione obbligatoria del Paese di origine del latte utilizzato diventa l’unica maniera di tutelare i consumatori italiani in un mercato che si è dimostrato sostanzialmente stabile, con una richiesta di prodotti al banco che non registra flessioni, nonostante il periodo di crisi”.
Occorre costruire una filiera tutta agricola e tutta italiana. E le condizioni oggi ci sono tutte. Una filiera che trasferisca direttamente al consumatore italiano i valori di genuinità, sicurezza, territorialità e distintività, che sono propri della nostra produzione zootecnica.
Redazione Irpinia
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