NOLA- Il clan Sangermano non esiste, l'”inchino mafioso” della statua della Madonna davanti all’abitazione dei fratelli Sangermano sarebbe stata solo una suggestione del parroco Don Fernando Russo e i collaboratori di giustizia, in particolare Aniello Acunzo e Marcello Di Domenico sono inattendibili. E’ una parte delle conclusioni a cui è ‘giunto il penalista Nicola Quatrano che difende insieme al penalista Raffaele Bizzarro il presunto capoclan Agostino Sangermano.
Una lunga e articolata arringa quella di ieri davanti al Gup del Tribunale di Napoli Chiara Bardi, chiamata a decidere sulle richieste avanzate dalla Dda di Napoli nel processo con rito abbreviato nei confronti dei presunti vertici del clan operante tra nolano e Irpinia. Si parte proprio dalla presunta continuità storica dell’esistenza del gruppo criminale: “L’Accusa non cita una sola sentenza che abbia stabilito l’esistenza, prima dell’attuale contestazione, di un “clan” o di un “gruppo” denominato “Sangermano”’- ha evidenziato Quatrano, che ha anche depositato una memoria difensiva di circa duecento pagine. Essa si riporta alle dichiarazioni di taluni collaboratori di giustizia “storici”, che hanno conosciuto il defunto Carmine Sangermano. Ebbene, tali collaboratori non parlano affatto dell’esistenza di un clan o di un gruppo, ma solo di una persona, Carmine Sangermano, che militava nella NCO di Raffaele Cutolo (ma qualcuno lo colloca nel clan Alfieri, ad ulteriore dimostrazione di una autonoma caratterizzazione) e parlano anche di suo fratello Agostino, ma lo definiscono un semplice rapinatore di TIR. L’eredità criminale e l’investitura camorrista di cui parla l’accusa è frutto di pura fantasia”.
A stabilire un nesso storico tra il vecchio gruppo Sangermano e il nuovo clan sarebbe stato il defunto Foglia Domenico, negli anni 80 proposto per una misura di sorveglianza insieme ai Sangermano. Respinta come documentato dalla difesa. Quatrano ha anche aggiunto che: “La ragione dunque per la quale il percorso di vita di Foglia Domenico si è in qualche modo intrecciato con quello del coetaneo Sangermano Carmine e poi, attraverso il figlio Giuseppe, con quello di Agostino Sangermano – lungi dallo spiegarsi con una inesistente continuità di impegno camorrista – è dovuta ad una circostanza molto più banale: Foglia Domenico è infatti nato (il 16/09/1952) ed ha vissuto (fino alla sua morte avvenuta il 17.10.2016) sempre in San Paolo Bel Sito – un paese di 3332 abitanti , nel quale è impossibile non conoscersi e non vedere intrecciati in qualche modo i propri percorsi di vita con quelli dei concittadini. Quanto alla circostanza che Sangermano Agostino sia stato compare di cresima di Foglia Giuseppe, trattasi di notizia semplicemente non vera”. E’ stato prodotto un certificato della Curia che attesta come Foglia Giuseppe non sia cresimato.
L’INCHINO MAFIOSO
La vicenda e’ quella più nota dell’inchiesta che ha portato a disarticolare il presunto clan. Come si ricorderà anche da un’annotazione di PG del 9 giugno 2016 (Stazione CC di Nola), durante la consueta processione della Beata Vergine del Rosario, quando la statua della
Madonna – portata come di consueto a braccia dai cittadini di Livardi che si alternano nel ruolo di “cullatori”, il 5 giugno precedente il Parroco della Chiesa di San Paolo Eremita e SS Epifania di San Paolo Belsito, Don Fernando Russo, aveva abbandonato la processione quando la statua della Madonna era stata fermata in Piazza Marchese di Livardi, per la consueta cantata dell’Ave Maria, quell’anno effettuata da un soprano all’uopo scritturata. Le indagini difensive che sono state sottoposte all’attenzione del Gup hanno portato invece a valutare come, anche alla luce dell’audizione di una serie di fedeli che avevano sottoscritto un documento dopo le polemiche: “La fermata della Madonna nella piazzetta era una tradizione, e non certo una innovazione di quell’anno; La statua non è mai stata rivolta verso l’abitazione dei Sangermano, abitazione che peraltro non insiste nella piazza, ma in un vicoletto che sbocca nella piazza. Tutti hanno escluso che vi sia stato un qualcosa che – sia pur lontanamente possa compararsi a ciò che viene oramai chiamato “inchino mafioso””. In conclusione, la difesa ha sottolineato come: “La reazione del Parroco è stata quanto meno improvvida. Le indagini hanno dimostrato che il mutamento di programma non era affatto stato deciso dalla famiglia Sangermano, ma da altri che nulla hanno a che vedere con loro”.
I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA
La collaborazione di Di Domenico si segnala come caratterizzata da particolare “inaffidabilità” intrinseca, alla luce dei criteri che la giurisprudenza consolidata ha col tempo selezionato. Questo il giudizio della della difesa dopo aver messo in evidenza sia una serie di circostanze smentite dalle indagini difensive che lo stesso percorso di Marcello Di Domenico, uno dei principali accusatori di Agostino Sangermano. Anche per il defunto collaboratore di giustizia Aniello Acunzo la considerazione finale della difesa di Sangermano non cambia. “Dunque le informazioni che Acunzo Aniello ha fornito a proposito di Sangermano Agostino sono generiche, prive di riscontri, contradditorie, di fonte ignota. Ma quel che più rileva, Acunzo Aniello è stato ritenuto un collaboratore bugiardo e sleale”. La prossima udienza, già fissata per il 10 novembre sarà dedicata all’arringa del penalista Raffaele Bizzarro, che oltre al presunto boss Agostino Sangermano difende anche altri imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, si tratta di Sepe Onofrio e Paolo Nappi.