Maggiore contatto con il proprio bambino ma anche la possibilità di sentirsi più libere nei movimenti: così la tecnica del Babywearing sta conquistando le mamme di tutt’Italia. Un’usanza che è solo tornata di moda, ma che affonda le sue radici in una tradizione molto antica.
Il concetto attuale nasce da un crescente interesse verso l’importanza di incrementare il contatto con il bebè anche dopo il parto, cui sempre più esperti stanno confermando faccia bene sia al benessere del neonato sia a quello della madre. Si è costatato, infatti, che anche durante i nove mesi di esogestazione i neonati continuino ad avvertire un bisogno di contatto che li renda più tranquilli e protetti.
Ciò indurrebbe nella madre un aumento dell’ossitocina (il cosiddetto “ormone dell’amore”), più prolattina e quindi un quantitativo maggiore di latte, stimolando ulteriormente l’alimentazione naturale e l’allattamento al seno. E il vantaggio costatato sul bambino è di maggiore tranquillità, con riduzione del pianto.
Cosa si indica precisamente con il termine “Babywearing”?
Si tratta della pratica di portare (o, così come da traduzione dall’inglese, “indossare”) il proprio bambino in una fascia oppure in un altro supporto porta bebè (il marsupio è l’alternativa più diffusa). Mentre nei paesi occidentali sta assumendo solo negli ultimi tempi popolarità, essa rappresenta una pratica molto antica e diffusa soprattutto nel continente africano e in quello asiatico.
Per il Babywearing il supporto maggiormente usato è la fascia lunga, ovvero un telo di stoffa fatto a trama diagonale. Ma, come per ogni altra capacità manuale, questa tecnica necessita di una certa pratica iniziale per evitare di commettere errori di posizionamento di fascia e arrecare eventuali danni alla postura del bambino. E’ quindi necessario essere seguiti da un esperto e non improvvisare, e sono sempre più numerose le associazioni sul territorio interessate a organizzare brevi corsi di questo tipo.
C’è chi, però, non riesce a utilizzare la fascia ma che comunque non vuole rinunciare a portare il bambino sul proprio corpo. In questo senso esistono altri tipi di supporti come il più comune e storico marsupio, tornato prepotentemente in voga. Esso però essendo maggiormente strutturato non sarebbe consigliato ai bimbi molto piccoli, ma a partire dai 5-6 mesi di età.
E’ utile sottolineare, infine, che portare il bimbo addosso non rappresenta un’esclusiva delle sole madri. E’ una pratica, infatti, sempre più condivisa con i papà, ma anche con altri componenti del nucleo familiare.