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Alla scoperta dell’implantologia dentale con il Dr. Giovanni Manzo

Grottaminarda – Giovanni Manzo, Medico Chirurgo Dentista, spiega quelle che sono le ultime novità sul fronte dell’implantologia dentale, spiegando le caratteristiche della tecnica, le priorità sul fronte normativo e il tipo di approccio con il paziente.

Dott. Manzo, In cosa consiste l’implantologia dentale?
“L’implantologia dentale si occupa dell’inserimento nella compagine ossea del mascellare superiore e/o della mandibola di pilastri (impianti), che possano supportare un dente artificiale idoneo a svolgere la sua funzione. Gli impianti consistono in viti in titanio che, inserite nell’osso dei mascellari, sostituiscono le radici dei denti naturali andati perduti in seguito a carie, a malattia parodontale (o “piorrea”), a fratture, ecc. Il titanio, che compone siffatti dispositivi, è un metallo molto usato in chirurgia per la sua neutralità biologica (è, infatti, biocompatibile) che ne assicura l’accettazione da parte dell’organismo ospite. Da ciò si deduce che il cosiddetto “Rigetto” (reazione immunitaria avversa a materiali estranei all’organismo) in implantologia dentale non esiste, non essendoci alcuna possibilità di reazione immunologica sfavorevole”.
Quali sono le priorità sul fronte normativo?
“Gli impianti devono essere prodotti e confezionati a norma di legge europea e devono essere accompagnati da un certificato che sarà consegnato al paziente a sua garanzia. Dopo l’inserimento dell’impianto nell’osso dei mascellari, è necessario aspettare un tempo variabile prima di procedere alla protesizzazione, ovvero al carico implantare con il dente artificiale”.
La moderna implantologia corona, dunque, un sogno comune a pazienti ed odontoiatri?
“Sì: quello di riabilitare funzionalmente ed esteticamente aree edentule senza ricorrere a fastidiose protesi rimovibili o a protesi fissate ai denti adiacenti a quelli perduti, con parziale demolizione degli stessi ad uso di pilastri ( i cosiddetti “ponti”). Attualmente la percentuale di successo della riabilitazione implantare è altissima, essendo essa pari al 99 per cento; il fallimento implantare, estremamente raro, può riconoscere il “primum movens” in cause infettive (accumulo di placca a livello dell’impianto), nel surriscaldamento dell’osso (durante la preparazione del sito implantare), nel sovraccarico protesico, che condannano l’impianto alla mancata integrazione nell’osso. La scarsa igiene orale, eventualmente associata ad una predisposizione individuale, promuove l’accumulo di placca batterica intorno all’impianto, come del resto succede ai denti naturali. Da qui la necessità di attuare scrupolose manovre di igiene orale, professionale e domiciliare, e di sottoporsi a controlli periodici dal dentista. Il surriscaldamento del tessuto osseo, durante la preparazione del sito implantare, può essere evitato utilizzando frese dotate di ottima capacità di taglio ed apparecchiature di qualità che assicurino un adeguato raffredamento dell’osso. Il sovraccarico protesico può essere, invece, evitato mediante il confezionamento di protesi adeguate che soddisfino i criteri di occlusione, funzione, carico, estetica. In ogni caso, è possibile ovviare all’eventuale fallimento della riabilitazione implantoprotesica mediante l’asportazione dell’impianto dall’osso, alla quale seguiranno la guarigione del sito implantare (il foro in cui era alloggiato l’impianto guarisce, infatti, analogamente ad un sito estrattivo, mediante neoformazione ossea) ed il reinserimento dell’impianto nel sito medesimo”.
Qual è l’approccio tecnica-paziente?
“Attualmente nel nostro Centro Dentistico proponiamo ai nostri pazienti l’implantologia con grande serenità, confortati dalla disponibilità di tecniche innovative estremamente semplici e poco invasive. A differenza dell’implantologia tradizionale, la moderna implantologia prevede, nell’80 per cento dei casi, l’inserimento degli impianti nel tessuto osseo dei mascellari senza la necessità di incidere, di scollare e di suturare ( al termine dell’intervento ) la gengiva; questo accorgimento intraoperatorio riduce al minimo il dolore ed il gonfiore post-operatori. L’assenza di punti di sutura non richiede, inoltre, precauzioni nell’alimentazione nei primi giorni dopo l’intervento, consentendo, così, al paziente di vivere questa esperienza in piena tranquillità. Dolore e gonfiore post-operatori sono, infatti, il risultato non tanto della preparazione dell’alloggiamento dell’impianto nell’osso, quanto dell’incisione e dello scollamento della gengiva (procedure, queste, contemplate dall’implantologia tradizionale) che rendono, infatti, l’intervento chirurgico più traumatico ed invasivo”.
Altra importante novità, nell’ambito implantologico, è rappresentata dall’utilizzo del “navigatore implantare”, di cosa si tratta?
“E’ un sistema computerizzato di supporto al chirurgo, che permette di inserire gli impianti con angolazioni e profondità predefinite. Tale dispositivo guida fisicamente con tre indicatori (profondità, angolazione, posizione) il posizionamento degli impianti, senza il rischio di arrecare danno a strutture anatomiche delicate (nervo mandibolare nell’arcata inferiore, pavimento del seno mascellare nell’arcata superiore). Il “navigatore implantare” consente, quindi, alla mano del chirurgo di muoversi in piena, totale sicurezza; gli impianti possono essere, infatti, posizionati controllando, passo dopo passo, l’inclinazione, la profondità di lavoro, il punto preciso in cui si va a perforare l’osso. La possibilità di conoscere precedentemente la posizione precisa degli impianti permette, inoltre, di fabbricare in anticipo i monconi e la protesi e di effettuare, quindi, i cosiddetti interventi a “carico immediato”, che prevedono l’inserimento dei denti nella stessa seduta operatoria (impianti e denti in un solo giorno)”.
L’ultima frontiera implantologica è invece rappresentata dall’impiego, in sede intraoperatoria, del Prf (plasma ricco di fibrina). Come funziona?
“Il paziente viene sottoposto, prima dell’intervento chirurgico, ad un prelievo di sangue, che verrà successivamente centrifugato, mediante un’apposita apparecchiatura. Si ottengono, così, delle “membrane” costituite da cellule dello stesso paziente utili a promuovere la rigenerazione dell’osso, laddove deficitario, ad accelerare la guarigione della ferita chirurgica ed a riempire gli alveoli post-estrattivi. Il riempimento degli alveoli post-estattivi con il Prf permette di ottenere nuovo osso alveolare in quantità e qualità sufficienti per consentire il successivo inserimento di impianti con buona stabilità primaria già dopo 8 settimane dall’ estrazione dentale (rispetto ai 12 mesi previsti dal classico protocollo di Branemark), riducendo, dunque, il tempo di attesa del paziente.

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