Consuntivo 2017 a Pratola, il giudice: quelle delibere erano false

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PRATOLA SERRA- “L’istruttoria svolta e, in particolare, la documentazione acquisita consente dunque di ritenere provata l’ipotesi accusatoria in ordine alla falsità delle Delibere oggetto di imputazione”. E’ uno dei passaggi della sentenza depositata dal giudice monocratico del Tribunale di Avellino Elena Di Bartolomeo, relativa al processo per il falso ideologico commesso da pubblico ufficiale per le delibere del Consuntivo 2017 a Pratola Serra. Il processo nato dalle indagini di Procura della Repubblica di Avellino e militari del Nucleo Pef della Guardia di Finanza.

IL VERDETTO
Lo scorso 14 luglio il giudice monocratico del Tribunale di Avellino Elena Di Bartolomeo aveva condannato per falso i componenti della giunta in carica nel 2017, a partire dall’ ex sindaco Aufiero Emanuele, Galdo Marianna, Silano Simona, Capone Angelo e De Palma Felice, esclusa la contestata aggravante, e, riuniti gli stessi sotto il vincolo della continuazione, alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Condanna con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario. Aveva assolto invece i consiglieri comunali che avevano approvato in aula il Consuntivo. Si tratta di Fabrizio Graziano, Pisano Raffaele, Aufiero Antonio, Melillo Giovanni e Scannella Stefania dal reato a loro ascritto perché il fatto non costituisce reato.

LA CONDANNA PER LA GIUNTA
Uno dei passaggi chiave relativamente alle argomentazioni difensive riguarda “la tesi difensiva, secondo la quale la difformità dei risultati indicati nella determina del responsabile del servizio finanziario (l’allora sindaco Aufiero Emanuele) e nella Delibera del Consiglio Comunale del maggio del 2018 sarebbe da imputarsi ad un errore materiale probabilmente” determinato da una incompleta trasmissione dei dati da parte del nuovo gestore del software contabile”. Per il giudice monocratico “è oggettivamente smentita dalla circostanza, già volte evidenziata, che nello giorno, ossia il 19.4. 2018, erano adottati dagli stessi soggetti tre atti (determina del stesso responsabile del servizio finanziario e Delibere di Giunta di presa d’atto della determina di e approvazione del progetto di rendiconto) riportanti risultati di esercizio difformi, senza che tale difformità sia in alcun modo giustificata né rilevata, ciò, per di piu’, sebbene tali atti si fondino sui medesimi documenti giustificatori e, in particolare, sul medesimo elenco di residui attivi e passivi riportanti valori diversi rispetto a quelli approvati definitivamente nel maggio del 2018”. Per cui, nella ricostruzione giuridica operata dal giudice monocratico: “Dunque, preso atto che l’evidente divergenza di residui non può che determinare la falsità di uno dei suddetti valori, non vi dubbio che tale mendacità è da attribuire alle cifre indicate nelle è Delibere del Consiglio Comunale e della Giunta oggetto di imputazione, giacché sprovviste di qualsivoglia documentazione amministrativa a sostegno, perchè smentite dalla nota trasmessa dalla società concessionaria del servizio di riscossione dei ributi e perchè le voci indicate a giustificazione sono state cancellate dal bilanci dell’anno successivo, proprio in quanto non
riferibili a crediti perfezionati ed esigibili. Tale evidente falsità integra certamente il delitto di falso ideologico in atto pubblico contestato dal pubblico ministero”.
Viene anche rilevato come “nel caso di specie che il falso sia imputabile ad un mero errore o leggerezza degli assessori è oggettivamente smentito dall’ adozione della successiva Delibera n. 162 del 30.11.2018, quale dimostra come i membri della Giunta, consapevolmente volontariamente, abbiano alterato il risultato di esercizio 2017 tanto da indicare, a giustificazione delle difformità rilevate, residui inesistenti e prontamente eliminati solo pochi mesi dopo”.

PERCHE’ ASSOLTI I CONSIGLIERI COMUNALI
Per il giudice si è giunti “a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento ai membri di maggioranza del Consiglio comunale che pure votavano la Delibera 58. Lo stesso revisore del conti, infatti, nel rendere il parere positivo all’approvazione del bilancio, non s’ avvedeva della discrasia tra i residui determinati dal responsabile del servizio finanziario e quelli indicati nella Delibera di Giunta n. 63, così fornendo parere positivo per l’approvazione definita del bilancio da parte del Consiglio comunale. Ebbene, a maggior ragione non può affermarsi, oltre ogni ragionevole dubbio, che i consiglieri di maggioranza si fossero avveduti di tale difformità, ben potendo non avere visionato l’intera  documentazione allegata alla Delibera di approvazione del progetto di rendiconto. Pertanto, Fabrizio Graziano, Pisano Raffaele, Aufiero Antonio, Melillo Giovanni Scannella Stefania devono essere assolti, quanto meno con formula dubitativa, dal reato a loro ascritto
perché fatto non costituisce reato”. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Alberico Villani, Nicola D’Archi, Maria Stella Saveriano, Enrico Matarazzo, Teodoro Reppucci e Raffaele Tecce.