VD/Tuccia pedinato da La7 non risponde,i volontari:”Non giudichiamo”

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Altavilla Irpina – Il suo è diventato quasi un ‘lavoro’ di routine. Da circa 10 settimane archivia con meticolosità i documenti, tiene in ordine gli uffici, li rassetta, aiuta e collabora con i colleghi dell’associazione nelle varie attività d’ufficio. Nulla di più normale per un ‘volontario’ di una delle tante piccole realtà associative della provincia. Ma se il ‘volontario’ in questione è risultato condannato in primo grado a 8 anni di reclusione per un efferato episodio di violenza sessuale e in attesa che venga celebrato il secondo grado di giudizio, il discorso non può che cambiare.

Da circa tre mesi Francesco Tuccia, l’ex militare di Montefredane ritenuto responsabile dello stupro di Pizzoli avvenuto due anni fa, presta servizio presso l’associazione Il Gabbiano MVS di Altavilla Irpina. Tuccia, a cui quasi immediatamente gli sono stati concessi gli arresti domiciliari, ogni mattina dalla sua abitazione di Montefredane raggiunge, con la propria vettura e autonomamente, la sede dell’associazione altavillese. E lì resta fino alle ore 13, prima di riprendere la sua auto e ritornare a casa, come un ‘libero’ e normale cittadino, in una faccenda che di ‘normale’ non ha niente.

Il giovane si trova agli arresti domiciliari già dal mese di giugno del 2012. I giudici della Corte d’appello dell’Aquila, su istanza degli avvocati difensori Alberico Villani e Antonio Valentini, hanno accordato al giovane il permesso di poter uscire da casa per andare a lavorare nell’associazione (è stato congedato dall’Esercito non direttamente per il fatto ma perché arrivato a fine contratto, che non gli è stato rinnovato).

Le immagini di Tuccia libero e a spasso nel servizio di Romana Marrocco mandato in onda ieri sera da Linea Gialla su La7, hanno sconvolto il Paese e sono destinate a tornare prepotentemente al vaglio e al giudizio dei commentatori televisivi dei media nazionali.

Ma c’è chi sta dividendo – giocoforza – queste settimane con l’ex militare irpino condannato, cheparadossalmente sta assumendo un atteggiamento distaccato rispetto all’intera vicenda. “Non siamo giudici ne magistrati e non spetta a noi dire cosa è giusto e cosa è sbagliato per una persona – spiega Amerigo Di Giovanni, presidente dell’associazione Il Gabbiano MVS – Non mi permetto di giudicare nessuno, anche se da genitore e padre di due figlie…”.
Il racconto di Di Giovanni si blocca momentaneamente per poi subito proseguire: “Per noi, che si chiami Tuccia o che si chiami Tizio, non fa differenza alcuna. Il suo trascorso non ci interessa. Già in passato abbiamo avuto in affido qui con noi persone condannate, magari non per episodi di violenza come questo. La nostra è una associazione che opera da anni nel sociale e nel campo della protezione civile, ci interessa che svolga al meglio i compiti che gli assegniamo”.

Al giovane non è permesso comunicare con l’esterno se non con i ragazzi e il presidente dell’associazione: niente telefono, niente web, dunque. Gli altri volontari parlano di lui come di un ragazzo serio e disponibile: “A volte – spiega Antonio, uno dei collaboratori de Il Gabbiano – quando si sente troppo isolato, ci chiede di poter fare qualcosa, di essere utile. Con lui non abbiamo mai aperto il discorso sulla vicenda giudiziaria che lo ha visto condannato, sappiamo che gli metteremmo solo pressione e questo non sarebbe un bene per la nostra associazione”.

La Corte d’Appello dell’Aquila ha fissato per il 6 dicembre la prima udienza del processo d’appello. Il processo di primo grado chiuso lo scorso 31 gennaio portò alla condanna a 8 anni di reclusione per violenza sessuale e all’assoluzione per tentato omicidio. (@antopirolo)

(di seguito le interviste ai volontari dell’associazione Il Gabbiano)

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