“Sono dislessica come Mika ed ho un sogno che qui ad Avellino non posso realizzare”

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Pasquale Manganiello – “Ho pensato per tanti anni di essere stupido, quando ero più giovane non mi rendevo conto che non ero stupido, ma come un pesce su un albero. Ci sono state tante cose che hanno cambiato la mia idea di me stesso. Pensavo che fosse tutta colpa mia e in effetti devo dire che era un po’ colpa dell’ambiente in cui sono cresciuto. Ho completamente dimenticato come leggere e scrivere, anche come leggere la musica. Anche ora non riesco a leggere la musica, mentre prima potevo farlo perfettamente. 

Ma poi sono riuscito a trovare la chiave per una vita normale. Voglio mandare un messaggio di supporto e di coraggio a tutte le persone che hanno come me problemi di dislessia, ma anche a tutte le altre famiglie. Sembra una cosa impossibile da risolvere, ma non è vero. A volte sembra che sia genetica, ma anche questa è un’illusione: si può sempre sistemare”.

Così Mika, grande artista internazionale e testimonial di “Come pesci sugli alberi”, un convegno sui disturbi specifici legati all’apprendimento. Tra questi la dislessia, la difficoltà nel riuscire a leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente. L’associazione italiana dislessia stima che ne sia affetto almeno un alunno per classe.

Il cantante pop inglese, nato in Libano, nonché ormai da un paio di anni giudice di X Factor Italia, ha raccontato la sua esperienza da bambino, una storia simile a quella di Erminia, una quindicenne dislessica che vive a Monteforte e che frequenta il Liceo delle Scienze Umane Virgilio Marone di Avellino.

“I professori non sanno cosa sia la dislessia – ci racconta Erminia ho portato l’argomento nella tesina di narrativa per l’esame di terza media. Ho messo in luce la mia esperienza e loro mi guardavano sbigottiti, come se non sapessero di cosa stessi parlando.”

LA SCUOLA“Soprattutto alle elementari pensavo di essere un giocattolo difettato. Mi piaceva molto l’italiano ma avevo difficoltà a scrivere e provavo vergogna nel leggere: non volevo più studiare. Una insegnante premiava i miei temi per il contenuto, visto che a causa della dislessia erano presenti molti errori. Da una parte il fatto che scrivessi cose apprezzate per il contenuto era per me un punto di forza, d’altra parte mi demoralizzava perché non mi sentivo come tutti gli altri.

Alle scuole medie le cose sono migliorate, ho iniziato a parlare del problema ma solo con alcuni professori. Altri sembravano non accettare che avessi questo disturbo e mi facevano pesare gli errori. Ho iniziato a fare da me, creandomi delle mappe concettuali e devo dire che tutto sommato ho vissuto bene la cosa anche se in alcuni momenti mi sono sentita veramente scoraggiata. Ho fatto tanti sacrifici nello studio anche se i voti spesso non li ripagavano.”

I MIEI COMPAGNI DI CLASSE“Per tanto tempo ho sempre tentato di nascondere il mio problema. Molti compagni lo consideravano un modo per ottenere un favoritismo dai prof o una malattia. Quindi evitavo proprio di parlarne. Mi confidavo solo con le mie migliori amiche, non volevo passare per una raccomandata. Poi ho fatto l’esperienza di un campus dedicato al tema in cui ho capito davvero di non essere un giocattolo difettato, come credevo da piccola, ma di avere tante qualità in più. Da lì ho cominciato a parlarne, ora a scuola lo sanno tutti e mi danno forza e coraggio. Sono riuscita ad accettare la cosa, a spaziare con la mia fantasia ed adesso sono serena. Il basket e la danza mi hanno permesso di evadere quando lo sforzo dello studio mi opprimeva.”

DA GRANDEIl mio sogno è diventare una scrittrice-giornalista. Ho le idee chiare, mi trasferirò a Venezia o Genova, andrò via da Avellino perché è una città che tende a restringerci nel suo piccolo, che non si apre e non si confronta. Voglio viaggiare, conoscere: scrivere del nostro mondo, del mio mondo, perchè tra sorrisi e dolori, tra gioie e momenti bui, non c’è niente che non possa essere raccontato”.

I soggetti con dislessia evolutiva in Italia sono, seguendo le stime più prudenti, almeno 1.500.000. Gran parte di questi hanno avuto una carriera scolastica costellata di insuccessi, con abbandoni precoci e con conseguenze sociali e professionali a volte molto pesanti.

La professoressa Sabatina Napolitano, madre di Erminia, racconta il momento in cui è stato scoperto il disturbo:

“Vari dottori, dopo numerose visite, non avevano capito che c’era un problema. Abbiamo scoperto la lieve forma di dislessia solo quando mia figlia aveva 7 anni. L’ho fatta seguire da un logopedista dell’equipe del dott. Aquino e quattro anni fa ha partecipato ad un campus sul tema. Erminia ne è venuta fuori benissimo, ora vive in modo sereno.

La realtà è che le Istituzioni non ci sono vicine. Io sono un’insegnante ed all’interno delle scuole questa è una problematica che non si conosce. Noi insegnanti non riusciamo a capire l’importanza del problema e soprattutto che c’è una legge da applicare. Nel liceo che frequenta, mia figlia non ha bisogno di mezzi dispensativi, le strategie logopediche l’hanno aiutata tantissimo e psicologicamente, per fortuna, ha formato un bel carattere.”

Abbiamo chiesto lumi scientifici sull’argomento al dott. Giuseppe Aquino, presidente della sezione di Avellino dell’Associazione Italiana Dislessia:

Cos’è l’Associazione Italiana Dislessia e come opera la sezione di Avellino?

La nostra mission è quella di sensibilizzare la popolazione sui disturbi dell’apprendimento. Realizziamo moltissimi incontri nelle scuole, con il personale sanitario e con i genitori per mettere in circolo le giuste informazioni. Abbiamo fatto varie cose, corsi di formazioni e sportelli nelle scuole. Un convegno molto importante si è tenuto l’anno scorso con la partecipazione di più di 700 persone. Era rivolto agli insegnanti, un ruolo estremamente importante.

L’intervento riabilitativo per gli alunni con DSA può essere fatto fino alla quarta quinta elementare, gli insegnanti devono mettere in atto tutte le misure compensative e dispensative promulgate dalla legge 170. Recentemente abbiamo promosso un convegno dal titolo Diagnosi di Dislessia e di Disortografia dopo le Consensus Conference e il DSM-5. Ho organizzato questo convegno a Bologna per fare in modo che si avviasse un dibattito

Portrait of a cute little boy sitting in library before books. Isolated over white background.

con alcuni dei maggiori esperti nazionali, tra gli altri Giacomo Stella, Pierluigi Zoccolotti, Roberta Penge, e con i rappresentanti di associazioni scientifiche tra le quali l’Airipa la Sinpia sul tema delle raccomandazioni cliniche sui DSA emerse dai documenti delle due Consensus Conference (AID 2007, ISS 2010) e del PARCC (2011) che hanno certamente contribuito a migliorare le conoscenze circa la diagnosi dei DSA e a sistematizzare una quantità di aspetti controversi per la migliore prassi clinica.

Tuttavia, le zone d’ombra e le incertezze lasciate da questi documenti e la continua evoluzione delle conoscenze scientifiche in questo ambito, nonché le novità introdotte dalla pubblicazione del manuale DSM-5 rendono necessario sostenere una comprensione e gestione dei nuovi indirizzi in un’ottica condivisa e unitaria a livello nazionale al fine di superare i dubbi e le incertezze che si possono incontrare durante la pratica clinica.”

Quali sono le problematiche insite in questa difficoltà?

“La dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Leggere e scrivere sono considerati atti così semplici e automatici che risulta difficile comprendere la fatica di un bambino dislessico. La dislessia non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici.

Il bambino dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica e perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara. Gli errori nella scrittura sono di vario genere: omissione delle lettere, doppie quando non servono, apostrofi sbagliati, separazione inadeguata delle parole. Si hanno problemi con i calcoli a mente, con le tabelline, con gli algoritmi. Dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia possono manifestarsi separatamente o in associazione.”

Si può combattere e come?

“Va innanzitutto individuato per tempo. Essendo un disturbo che si manifesta in persone intelligenti viene scambiato per pigrizia, invece questi segni vanno riconosciuti in primis a scuola, facendo riferimento alla legge 170 soprattutto nelle prime classi. Vanno promossi programmi di potenziamento dopodiché, se dovessero persistere difficoltà, attraverso la famiglia i ragazzi vanno devono essere indirizzati ai servizi dell’Asl e a team autorizzati alla diagnosi ed alla certificazione di DSA.

La scuola deve predisporre un piano didattico personalizzato con misure e strategie idonee a compensare e bypassare questa difficoltà. Possono essere utilizzati, ad esempio, la lettura del libro con sintesi vocale in formato digitale, le mappe concettuali e le mappe mentali.”

A che punto siamo con la prevenzione?

“La prevenzione serve per evitare ricadute sul piano emotivo, bassa autostima, ansia, scarso senso di autoefficacia. Senza misure adeguate, si possono verificare anche situazioni di forme depressive legate a senso di frustrazione. In realtà gli alunni con DSA non hanno problemi di tipo cognitivo.

Einstein e Kennedy erano dislessici e ciò non ha impedito loro di realizzarsi nella vita. Il disturbo di fatto non scompare, le difficoltà persistono e vanno affrontate con strategie mirate. “

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